L’Arabia Saudita è un Paese del Golfo Persico attualmente governato da Salman bin Abdulaziz Al Saud, monarca che rappresenta sia il capo di Stato che il capo del governo. La Legge fondamentale del 1992 stabilisce il sistema di governo, i diritti e le libertà dei cittadini, mentre la Costituzione si basa sull’interpretazione del Corano e della Sunnah. Nel corso degli anni, il Paese ha attuato alcune moderate riforme atte alla promozione dei diritti delle donne e alla riduzione delle disparità legislative e sociali tra i due generi.
Nel 2019, il governo ha deciso di porre fine alla pratica che richiedeva alle donne di avere il permesso maschile per poter viaggiare. Allo stesso modo, sono stati aboliti molti dei requisiti del sistema di tutela: ad esempio, le donne possono ora registrare autonomamente il proprio figlio così come presentare istanza di divorzio. Dal 2018, le donne hanno ottenuto anche molte opportunità economiche: ora possono essere titolari del diritto di proprietà e avviare un’attività economica anche senza il permesso del proprio tutore. Allo stesso modo, dal 2015 le saudite del re Abdullah, pur con molte difficoltà e ostacoli, hanno potuto partecipare al processo di voto e candidarsi.
Tuttavia, questi ultimi sviluppi si contrappongono alla continua repressione delle attiviste, sollevando dubbi sull’effettiva rilevanza e sull’impatto della partecipazione politica delle donne nel Paese.
La discriminazione di genere è ancora presente in molti aspetti della vita quotidina, i partiti politici così come le associazioni politiche sono ancora vietati. Non solo le donne in quanto tale sono discriminate nei settori politici, ma sono sempre troppo spesso vittime di stupri e abusi domestici. Situazioni aggravte dal fatto che, purtroppo, secondo la legge la violenza e costrinzione all’atto sessuale tra coniugi non è considerato stupro e quindi un reato. Ciò ha creato un problema endemico di punizione degli stupri. Il sistema del Paese rende infatti più difficile denunciare gli atti di stupro, con il risultato che sono pochi i procedimenti effettivi a fronte di un tasso di abusi stimato al 60%.
Nonostante i diversi tentativi di riforma, il sistema di tutela (guardianship) è talmente radicato nella società e nelle pratiche sociali da essere in molte aree rurali ancora predominante. Infatti, mentre le leggi sono facilmente modificabili e adattabili, i rituali e le credenze sociali richiedono più tempo per essere assorbiti dalla comunità. Anche se le donne hanno ottenuto alcuni successi negli ultimi anni, l’Arabia Saudita è ancora caratterizzata da una forte discriminazione sociale e legale di genere su aspetti come la cittadinanza, la libertà di matrimonio con uomini non sauditi o muslmani e l’abbigliamento, le donne saudite sono infatti obbligate ad indossare l’abaya in tutti i luoghi pubblici. Nonsolo, la parola di una donna in tribunale vale la metà rispetto a quella di un uomo e l’istanza di divorzio inoltrata da una donna procura ancora clamori, oltre che essere oggettivamente più difficoltosa. Infine, nel settore dell’istruzione le donne hanno avuto meno opportunità a causa della sistematica e legalizzata segregazione delle opportunità educative.
Dato quanto sopra, ADHRB invita il governo dell’Arabia Saudita:
- A rispettare i propri obblighi in materia di diritti umani in relazione alla Dichiarazione universale dei diritti umani, in particolare agli articoli 2, 16 e 23.
- A dare una nuova e più completa definizione di violenza domestica, dal momento che le donne hanno ancora paura a denunciare tali abusi per timore di ripercussioni sociali, e
- continuare a migliorare la partecipazione delle donne alla società e alla sfera politica.