Il ruolo degli Stati Uniti come leader nella lotta dell’Ucraina per difendere il proprio diritto all’autodeterminazione e alla libertà dalla tirannia è stato così forte da far ritornare in auge il titolo di “arsenale della democrazia” coniato durante la Seconda Guerra Mondiale. Non esiste una mano invisibile che crea la democrazia e la mantiene in vita: la democrazia è una scelta e una decisione consapevole, siamo noi stessi a decidere di sostenerla o di ignorarla.
Ci sono esempi importanti e significativi della difesa e della promozione dei principi democratici da parte degli Stati Uniti. Infatti, laddove questi si sono impegnati a promuovere la democrazia, come ad esempio la Germania e il Giappone del secondo dopoguerra, hanno favorito la nascita e l’affermazione di Paesi leader e di economie tra le più prospere al mondo. La natura di questi Paesi, così come la loro attiva partecipazione all’interno della comunità internazionale e all’economia globale, ha reso il mondo un posto migliore. Quando gli Stati Uniti si sono impegnati a favorire i principi della democrazia, dell’uguaglianza, dei diritti umani e dell’autodeterminazione, il risultato è stato un notevole progresso nella qualità dell’umanità.
Nonostante i risultati fino ad oggi raggiunti, la democrazia non dovrebbe mai essere data per scontata. Le sofferenze di massa a cui si assiste in Ucraina ci ricordano in modo tragico le conseguenze reali di un governo autoritario che non è disposto a garantire condizioni di giustizia e pace, così come il rispetto dei diritti umani fondamentali. Sebbene permanga una grande incertezza, non è necessario, e certamente non è giustificato, astenersi dall’affermare che l’invasione dell’Ucraina è inequivocabilmente una violazione del diritto internazionale e del principio di sovranità ed integrità nazionale.
L’Ucraina pretende e merita la democrazia, però il suo diritto all’autodeterminazione è oggi messo in discussione da un nemico della stessa, l’autoritarismo. La Russia non ha il diritto di violare militarmente i confini nazionali ucraini e di cancellare il processo di democratizzazione da anni in atto nel Paese. Sono passati più di due mesi da quando la Russia ha compiuto il suo ultimo e più grave atto di aggressione, dimostrando ancora una volta i pericoli insiti nelle strutture di governo autocratiche. L’idea che gli Stati autoritari promuovano la stabilità geopolitica è stata ancora una volta smascherata come un’assoluta falsità, un mito perpetuato da dittatori e tiranni che guardano alla diffusione della democrazia con paura e disprezzo. Mentre i resoconti di atrocità e gravi abusi iniziano a emergere dalla nebbia della guerra, il mondo deve confrontarsi con la fragilità e l’universalità dei principi democratici.
La comunità internazionale, guidata dagli Stati Uniti, è stata irremovibile nel condannare la sconsiderata irrazionalità di Putin. Dal 24 febbraio 2022, i leader politici di tutto il mondo hanno definito la risposta ucraina non solo come una lotta per l’autodeterminazione, ma anche per valori della democrazia ovunque nel mondo. In un momento storico in cui il dissenso caratterizza il discorso politico americano, la moltitudine di commenti che denunciano l’aggressione russa e promuovendo i valori universali sono esplicativi della realtà in cui viviamo. Questi mostrano un sostegno unanime alla democrazia ucraina e la necessità di difendere la pace e la sicurezza internazionale, prescindendo da interessi politici o distinzioni ideologiche. D’ora in avanti, la difesa della democrazia in Ucraina sarà lo standard con cui verranno misurate tutte le future minacce e strategie di difesa della democrazia. Mai più gli Stati Uniti e il mondo democratico potranno giustificare l’ignoranza di un attacco alla democrazia come quello avvenuto in Bahrein nel 2011.
C’è una scomoda e inevitabile ipocrisia nella scelta dei leader statunitensi di ignorare, a partire dal 2011, i tentativi di repressione delle autorità bahrenite di soffocare violentemente il movimento pacifico pro-democratico, e l’incursione militare da parte dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti richiesta dallo stesso sovrano Al-Khalifa come aiuto per sedare con la forza le manifestazioni. Il riconoscimento da parte dei leader statunitensi secondo cui “ovunque si trovino, le persone sono titolari di diritti universali, tra cui il diritto di riunirsi pacificamente” e la condanna dell’uso della forza nei confronti dei manifestanti pacifici vengono private di significato se, gli Stati Uniti e il loro arsenale democratico, rimangono inermi davanti a tali soprusi.
Per i bahreiniti in piazza, la loro protesta pacifica a favore della democrazia rappresentava l’allontanamento del Bahrein dal governo medievale del loro dittatore e l’avvicinamento ai valori e alle istituzioni dell’Occidente. Per i dittatori sauditi, degli Emirati Arabi Uniti e del Bahrein le proteste pro-democrazia invece hanno sempre rappresentano una minaccia. Il successo di questi dittatori e l’apparente fallimento dei dimostranti del 2011 non ha però avuto come conseguenza la dissoluzione di un sogno: gli attivisti bramano e lottano ancora per un Bahrein democratico.
All’indomani della violenta repressione del 2011, è emerso un cauto ottimismo sul fatto la mobilitazione di massa possa aver catalizzato l’attenzione di personalità all’interno del governo che hanno iniziato a prendere sul serio la questione delle riforme civili e politiche. Alla luce della guerra in Ucraina, è demoralizzante dover riconoscere che il Bahrein esemplifica la vera natura degli autocrati, ossia cosa accade quando l’universalità della democrazia viene dimenticata. Dal 2017 in poi, il governo del Bahrein non ha fatto altro che intensificare le tattiche repressive nel tentativo di sradicare ogni forma di dissenso: i difensori dei diritti umani e i membri dell’opposizione sono stati costretti all’esilio o incarcerati, i media indipendenti sono stati sopressi, la tortura rimane uno strumento al centro del sistema di giustizia penale e, lo Stato, dopo sette anni di interruzione, ha ripristinato la condanna alla pena capitale.
Sebbene questi abusi abbiano ricevuto una copertura mediatica notevolmente inferiore rispetto ad altri, non sono comunque sconosciuti, né vi è nessuna polemica sulla loro veridicità. Ad esempio, nel recente rapporto 2021 sul Bahrein, il Dipartimento di Stato americano ha richiamato l’attenzione su numerose violazioni dei diritti umani e restrizioni delle libertà fondamentali, tra cui “torture e casi di trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti da parte del governo; condizioni carcerarie dure e pericolose per la vita; detenzioni arbitrarie; prigionieri politici; [e] interferenze arbitrarie o illegali con la privacy“. Il rapporto ha denunciato i sistematici tentativi del governo del Bahrein di mettere a tacere il dissenso e rileva con preoccupazione “gravi restrizioni alla libertà di espressione, compresa la censura e l’esistenza di leggi penali sulla diffamazione; gravi restrizioni nel libero utilizzo di Internet; sostanziali interferenze con la libertà di riunione pacifica e la libertà di associazione, comprese le leggi eccessivamente restrittive sull’organizzazione, il finanziamento o il funzionamento delle organizzazioni non governative“. Inoltre, il rapporto ha evidenziato la questione dei prigionieri politici, che il governo del Bahrein si rifiuta ancora oggi di riconoscere.
In mezzo al deterioramento della salvaguardia dei diritti umani, lo spirito del popolo bahreinita si conserva. Il sogno di riforme democratiche in Bahrein è ancora presente, anche se oggi è schiacciato dal silenzio dell’Occidente. Il silenzio e l’occhio cieco degli Stati Uniti e dei loro alleati democratici hanno permesso alle autorità bahrenite di continuare con l’aberrante metodologia di torturare gli attivisti politici senza incorrere in conseguenze e di sopprimere quasi del tutto la libertà di parola, il diritto di riunione pacifica e il diritto alla libertà di associazione. Il silenzio dell’Occidente dà ai dittatori del Bahrein la libertà di commettere violazioni dei diritti umani. In aggiunta, l’illegittimità dell’autorità di governo non è più limitata ai confini nazionali. Incoraggiate da una cultura dell’impunità troppo a lungo tollerata dagli alleati occidentali, le autorità bahreinite hanno mostrato una crescente propensione ad attaccare le reti pro-democrazia che operano all’estero dei confini, attraverso la revoca arbitraria della cittadinanza degli attivisti, il recupero illegale di informazioni sensibili e la persecuzione dei membri della famiglia degli attivisti ancora residenti in Bahrein.
Sebbene il Bahrein sia stato in passato escluso dagli impegni assunti dai leader statunitensi a sostegno dei movimenti pro-democrazia, questo non deve essere un prologo. Il desiderio di democrazia in Bahrein è ancora vivo e può ancora ricevere il nostro sostegno. L’importanza strategica del Bahrein per gli Stati Uniti rende imperativo il sostegno alla popolazione. La violenza e la repressione del dittatore del Bahrein stanno creando instabilità notevole nell’assetto geopolitico della regione.
Il sostegno alla democrazia in Bahrein non va a scapito della cooperazione per la sicurezza o della prosperità generata da altre iniziative. È una falsa scelta quella di considerare il sostegno alla democrazia e la sicurezza regionale come una questione di “o la va o la spacca”. Si tratta della narrativa di un dittatore intenzionato a esercitare un potere totalitario, incontrollato e abusivo. Accettare questa narrazione significa cedere il potere a un nemico stesso della democrazia. Peggio ancora, consentirebbe alle autorità del Bahrein di continuare a operare sotto le mentite spoglie di un governo democratico. In vista delle imminenti elezioni parlamentari di novembre, l’inerzia statunitense e dei suoi alleati occidentali non farebbe altro che aiutare il governo del Bahrein nei suoi sforzi di smantellamento della società civile e soppressione delle riforme democratiche attraverso “gravi e irragionevoli restrizioni alla partecipazione politica“. Non ci può essere alcuna possibilità di elezioni libere ed eque se la popolazione continua ad essere soggetta ad arresti arbitrari a causa del suo dissenso pacifico .
Lodevolmente, gli Stati Uniti e la maggior parte della comunità internazionale hanno riconosciuto la responsabilità di esprimersi contro l’attacco alla democrazia in Ucraina. Tuttavia, rimanere in silenzio e distogliere lo sguardo dall’omicidio e dalla repressione degli attivisti democratici in Bahrein indebolisce non solo gli Stati Uniti ma anche i loro alleati democratici in tutto il mondo. La coerenza nella difesa della democrazia ovunque è una forza che nessun’altra autorità può contrastare.