L’8 aprile 2022, Shaikh Nasser bin Hamad al Khalifa, figlio del re e rappresentante per il lavoro umanitario e gli affari giovanili, ha tenuto un incontro interreligioso di Ramadan presso la Cattedrale Nostra Signora d’Arabia. Nei giorni precedenti l’evento, i funzionari del Bahrein hanno applaudito l’incontro in quanto esso rappresentava una prova dell’impegno globale del regno nel dare priorità alla sicurezza attraverso la pace. I funzionari, infatti, hanno sottolineato come l’organizzazione di un incontro interreligioso sia in linea con l’impegno del re a promuovere la riconciliazione culturale.
Shaikh Nasser bin Hamad dice che, sotto la guida del re, “il Bahrein è un faro di coesistenza, pace e tolleranza” e che è “un’oasi di sicurezza e un paese di coesistenza tra tutte le religioni, credenze e sette”. Tuttavia, anche uno sguardo superficiale alla monarchia e ai governatori precedenti contrari alle libertà religiose potrebbe portare l’osservatore casuale a vedere solo ipocrisia dietro questa dichiarazione. Questa sarebbe lodevole se non si nascondesse dietro quelle parole, la prova indiscutibile di atti di discriminazione e persecuzione religiosa sponsorizzata dallo stato con una frequenza angosciante.
Le parole usate dal figlio del re in questo incontro di preghiera interreligioso non cancellano e non possono cancellare il dolore e la miseria che la monarchia infligge ai suoi cittadini attraverso le sue politiche di discriminazione religiosa. L’ipocrisia delle parole del principe, pronunciate in una chiesa durante una preghiera multireligiosa quando, appena fuori dalla chiesa, il governo continua spudoratamente la sua sistematica repressione religiosa contro la comunità sciita maggioritaria del paese, è un insulto ad ogni anima che ha lavorato o è morta per proteggere il diritto alla vita e alla libertà di una persona.
La falsa apparenza di virtù da parte dei dittatori del Bahrein, in particolare il figlio del re che è stato collegato a molteplici atti di violazione dei diritti umani, tra cui la tortura personale di attivisti filodemocratici, rappresenta una pubblicità positiva per la monarchia in un momento in cui le violazioni dei diritti umani perpetrate dalla Russia in Ucraina hanno posto una maggiore attenzione sulla questione della violazione dei diritti da parte dei dittatori.
La libertà di religione è apparentemente garantita dalla costituzione del Bahrein, a condizione che gli individui non “violino le credenze fondamentali della dottrina islamica”. Tuttavia, in pratica l’applicazione di questa libertà è soggetta ai capricci delle autorità bahreinite. Nonostante sia un errore suggerire che non sono stati fatti miglioramenti verso la protezione dei diritti delle minoranze religiose, in particolare per quanto riguarda cristiani, buddisti, ebrei, sikh e indù, è stato ben documentato che il governo è impegnato nella continua repressione della popolazione sciita maggioritaria del regno. Sebbene questa rappresenta circa il 70% della popolazione cittadina totale del paese, tutte le istituzioni statali operano come un’estensione della monarchia a maggioranza sunnita del regno. Questo ha portato ad ampie disuguaglianze strutturali, molte delle quali sono state inserite nelle politiche dello stato per assicurare che i cittadini sciiti rimangano soggiogati all’interno del loro stesso paese. Significativamente, questi modelli storici di discriminazione sono stati esacerbati sulla scia della violenta repressione da parte del governo del movimento pacifico pro-democratico emerso nel 2011. Negli undici anni trascorsi dalla rivolta, il governo del Bahrein ha intrapreso azioni pericolose per intensificare ed enfatizzare le differenze settarie attraverso revoche collettive della cittadinanza e l’inquadramento delle riforme democratiche come attività terroristiche.
La decisione del governo di sciogliere arbitrariamente Al Wefaq nel 2016, il più grande gruppo di opposizione politica del paese e una delle ultime voci rimaste per la comunità sciita del Bahrein, ha solo marginalizzato ulteriormente la maggioranza sciita, eliminando di fatto qualsiasi possibilità di rappresentanza anche minima all’interno della struttura di governo intrinsecamente non rappresentativa dello stato. Inoltre, l’assenza di trasparenza, le iniziative di sviluppo ineguali e un evidente pregiudizio anti-sciita nelle pratiche di assunzione hanno creato una crescente tensione sociale. I cittadini sciiti continuano a trovarsi sproporzionatamente confinati negli strati socioeconomici più bassi del Bahrein. Inoltre, le autorità bahreinite hanno compiuto sforzi di lunga data per ignorare, de-enfatizzare o cancellare i siti culturali e religiosi sciiti.
Il rapporto del Dipartimento di Stato del 2020 sulla libertà religiosa in Bahrein nota che la discriminazione anti-Shia non si manifesta solo nelle pratiche di assunzione preferenziali e nel settarismo all’interno del governo e dei media, ma si manifesta anche nei continui sforzi del governo per limitare le pratiche religiose sciite. Negli ultimi anni, le autorità del Bahrein si sono impegnate nella repressione sistematica dei rituali di Ashura. Nel 2018 e nel 2019 i funzionari del ministero dell’Interno del Bahrein (MOI) si sono impegnati in molestie mirate che includevano l’arresto arbitrario di chierici e oratori sciiti e l’uso di una forza di polizia eccessiva per interrompere e disperdere le folle durante le processioni religiose per commemorare Ashura.
Nel 2021, durante il mese di Muharram, il governo ha adottato misure per emarginare ulteriormente la maggioranza sciita del paese attraverso restrizioni arbitrarie alle processioni funebri sciite; la rimozione delle bandiere nere che gli sciiti alzano ogni anno per esprimere il dolore per il martirio del nipote del profeta Muhammad Mohamed; un’intensificazione della presenza delle forze di sicurezza affiliate al MOI, che avrebbero provocato deliberatamente una reazione violenta; restrizioni nelle carceri, per cui le autorità carcerarie hanno impedito ai prigionieri sciiti di celebrare i riti di Ashura; e una serie di convocazioni e arresti con accuse legate alla conduzione dei riti di Ashura. Queste azioni rappresentano una deliberata e coerente violazione dei diritti dei cittadini del Bahrein alla libertà di religione o di credo sanciti dall’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani (UDHR), dall’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e dall’articolo 1 della Dichiarazione sull’eliminazione di ogni forma di intolleranza e di discriminazione basata sulla religione o sul credo, così come il loro diritto alla non discriminazione sancito dall’articolo 7 della UDHR e dall’articolo 26 dell’ICCPR.
Mentre le autorità bahreinite hanno tentato di legittimare le loro restrizioni alla partecipazione dei rituali di Ashura, non hanno imposto alcuna restrizione simile su altri eventi o celebrazioni con alti tassi di partecipazione pubblica come i tornei nazionali di basket e la celebrazione del festival indiano Onam, rivelando la sproporzionata repressione specifica per le attività legate agli sciiti.
Se il governo del Bahrein fosse veramente impegnato nella coesistenza pacifica e nell’inclusione delle differenze religiose, abbandonerebbe le politiche statali di discriminazione contro le pratiche religiose sciite. Eventi come questo incontro di preghiera interreligioso andrebbero percepiti come: gesti performativi che hanno lo scopo di nascondere lo spudorato rifiuto di riconoscere i diritti di tutte le confessioni religiose. Il recente incontro interreligioso non deve distrarre dall’oppressione e dalle molestie sistematiche del governo bahreinita nei confronti della maggioranza religiosa sciita in tutti i settori della vita.