Nel Marzo 2022, il Comitato sui diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Uniti (CDESC – CESCR acronimo inglese) ha condotto una revisione delle pratiche dei diritti umani in Bahrain come parte della sua 71° sessione. Il CDESC è un Comitato delle Nazioni Unite che ha il compito di monitorare e sorvegliare l’implementazione dei diritti contenuti nel Patto internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (ICESCR acronimo inglese), uno dei trattati internazionali più importanti in materia di diritti umani. Tale Patto costituisce il quadro normativo per l’affermazione del diritto delle persone ad essere libere da discriminazioni motivate dalla razza, dal colore, dal sesso, dalla lingua, dalla religione, dall’espressione politica o dalle opinioni, dall’origine nazionale o sociale, dalla proprietà o dalla nascita. Essendo un accordo internazionale aperto, ogni stato è libero di aderirvi, come fece ad esempio il Bahrain nel 2007.
Il Comitato si compone da un’équipe eletta di 18 esperti indipendenti nel campo dei diritti umani i cui compiti principali sono il monitoraggio e la supervisione dell’applicazione dei diritti umani nello stato in osservazione.
Ogni 5 anni gli Stati membri devono presentare un rapporto al Comitato in cui descrivono in dettaglio i progressi dell’implementazione dei diritti delineati nell’ICESCR così come le modalità di realizzazione delle raccomandazioni ricevute dallo stesso sullo stato dei diritti umani. Il Comitato sui i diritti economici, sociali e culturali esiste per proteggere la libertà dei popoli e permettere agli individui interessati di chiedere conto delle violazioni subite ai propri governi.
Il processo di revisione è progettato per determinare come e se un paese stia attuando i diritti contenuti nell’ICESCR. Ogni paese presenta un rapporto al Comitato per definire il suo lavoro e i suoi progressi nel rispetto dei valori enumerati nel trattato. È importante capire che il rapporto presentato al CESCR da uno stato non sempre presenta in modo completo, o accurato, la realtà effettiva del paese. Un rapporto può concentrarsi sulla legislazione nazionale che, a prima vista, descrive l’adesione agli obblighi del trattato, ma che, a causa di difetti di progettazione nella legislazione o di una debole attuazione, è in pratica inefficace.
A seguito dell’indagine, il Comitato pubblica le sue conclusioni e, se necessario, emana nuove raccomandazioni. In ottemperanza al suo mandato, il Comitato può altresì richiedere ad uno stato maggiori informazioni su una specifica materia prima della revisione successiva.
Il resoconto presentato al Comitato dal Regno del Bahrein ha esposto una narrazione che è contraddittoria con quella degli abitanti del regno, così come quella di molte organizzazioni per i diritti umani. Nell’ultima revisione, i delegati del regno hanno presentato al Comitato l’insieme delle normative adottate negli ultimi anni per dimostrare l’impegno del Bahrein verso il trattato e verso i diritti umani in generale. Con ciò, il governo ha tentato di comprovare che le autorità non perpetuano nessun abuso. Tuttavia, nonostante l’impressionante quantità di leggi approvate dal Bahrain, tali misure non prevengono realmente gli attacchi del governo ai diritti umani e ai suoi difensori.
I membri del Comitato hanno chiesto alla delegazione del Bahrein risposte specifiche sugli attacchi del governo ai difensori dei diritti umani e sullo stato di salute dei difensori imprigionati. Molteplici organizzazioni per i diritti umani hanno documentato prove di violazioni dei diritti umani perpetrate dal governo contro il suo stesso popolo per aver criticato la monarchia. La politica e le azioni decennali dello Stato di eliminare la libertà di parola, di riunione e di associazione, nonché il soffocamento di una società civile indipendente dal governo, sono state al centro di questa e delle passate revisioni del CESCR.
Nei suoi rapporti al Comitato e nelle risposte alle interpellanze della stessa, il Bahrain dichiara spesso congruenza tra i principi dichiarati nel Trattato e l’effettivo rispetto dei diritti umani sul territorio. Purtroppo, di frequente, tali dichiarazioni non sono però coerenti con la realtà effettiva dei fatti. Durante la riunione con il Comitato è stato evidente a tutti i membri che il governo impedisce il perseguimento delle libertà fondamentali così come ha rimosso meccanismi interni che permetterebbero di riscontrare la responsabilità del governo in determinate azioni di violazione. Le risposte fornite dai delegati bahreiniti alle domande dei membri del CESCR dimostrano infatti che gli organi di controllo del governo in Bahrain mancano dell’obiettività necessaria per funzionare efficacemente.
La domanda che dovremmo porci è: “Il governo del Bahrein non vuole o non può correggere le sue violazioni dei diritti umani?” Secondo il rapporto della delegazione al CESCR non ci sono prove che la continua discriminazione contro le persone vulnerabili o gli attacchi e la repressione dei difensori dei diritti umani siano cessati. Un delegato del Ministero degli Interni ha negato l’esistenza di qualsiasi abuso nei confronti degli attivisti e ha dichiarato di “non poter immaginare situazioni” in cui tali violazioni possano verificarsi. Questo è solo un piccolo esempio di come il Bahrein celi le prove documentate degli abusi commessi contro il dottor Abduljalil Al-Singace, Abdulhadi Al-Khawaja e quasi altri 1400 prigionieri politici attualmente detenuti in Bahrain.
Durante l’incontro pubblico sono rimaste senza risposta tutte le interrogazioni dei membri del Comitato CESCR che chiedevano una chiarificazione sulle accuse di gravi violazioni dei diritti degli attivisti Dr. Abduljalil Al-Singace e Abdulhadi Al-Khawaja.
I rapporti del Bahrein al CESCR negli ultimi anni hanno evidenziato un linguaggio specifico nella sua costituzione e nelle leggi interne che, sulla carta, suggerirebbe che l’attuale governo è un convinto sostenitore dei valori e dei principi affermati nel Patto. A questo punto sorge il dubbio che la monarchia barinita esprimendo sostegno all’autodeterminazione e contemporaneamente sopprimendola, creda nel proprio diritto all’autodeterminazione nazionale ma non in quello della maggioranza del popolo del paese.
La delegazione e il Paese hanno ricevuto l’invito pubblico da parte del Comitato a lavorare insieme così da correggere le specifiche violazioni dei diritti umani e discriminazioni commesse dal governo contro il suo stesso popolo. Quando un paese afferma di rispettare i diritti umani, ma al contempo opprime sistematicamente la società civile, imprigionando i dissidenti e limitando la libertà di parola, manca inevitabilmente di rispetto ai diritti umani e alla comunità internazionale. Le parole devono essere seguite da azioni autentiche.