Sayed Adnan Majed Hashem era un lavoratore di 22 anni presso la fabbrica di acqua di Al-Manhal quando è stato arrestato nell’ottobre 2018, per la quarta volta nella sua vita, da una casa ad Aldair. Sin dalla sua detenzione, Sayed Adnan ha subito torture fisiche e psicologiche, nonché discriminazioni religiose da parte delle autorità del Bahrein. Rimane ad oggi nella prigione di Jau, dove sta completando una condanna di quasi tre decenni.
Sayed Adnan è stato arrestato per la prima volta nel 2014 mentre stava tornando dall’Etehad Alreef Club Stadium nell’area di Shahrakan con un gruppo di giocatori della squadra di Abu Quwa dopo la loro vittoria nel campionato dei centri giovanili. Erano su un autobus e suonavano il clacson per celebrare la loro vittoria quando le forze di sicurezza li hanno fermati ed arrestati perché il loro clacson era presumibilmente illegale. Sayed Adnan è stato arrestato una seconda volta a metà settembre del 2015 mentre era in visita a casa di suo nonno ad Al-Daih. Quel giorno si erano svolte manifestazioni politiche e Sayed Adnan è stato inseguito ed arrestato dalle forze di sicurezza. È stato trattenuto per circa un mese e mezzo prima di essere rilasciato senza che fosse emessa alcuna sentenza contro di lui.
Nel 2016, Sayed Adnan è stato arrestato per la terza volta, quando le forze di sicurezza e uomini armati mascherati affiliati al Ministero degli Interni hanno fatto irruzione nella casa di suo padre a tarda notte, senza presentare alcun mandato di arresto od ordine della Procura (PPO). Al momento del suo arresto, Sayed Adnan è stato portato al CID dove è stato trattenuto per 12 giorni. Il dodicesimo giorno, ha chiamato la sua famiglia ed ha chiesto loro di portargli i vestiti mentre veniva trasferito al centro di detenzione di Dry Dock. Qualche tempo dopo, il prigioniero in questione è stato rilasciato su cauzione, in attesa di processo. Dopo il suo rilascio, mentre il suo caso procedeva, Sayed Adnan è stato più volte convocato e la sua casa è stata costantemente razziata, ma lui non si è mai fatto trovare dentro casa. Sapendo di essere ricercato, Sayed Adnan non ha preso parte alle sue sessioni di processo per paura di essere arrestato in tribunale. Durante l’arresto di Sayed Adnan nel 2016, suo padre gli ha fatto visita ed ha notato tracce di tortura sul suo volto. Egli ha informato di ciò l’avvocato di Sayed Adnan, perché questa presentasse una denuncia chiedendo che il poliziotto responsabile della tortura fosse ritenuto responsabile. Tuttavia, dal momento che Sayed Adnan non aveva preso parte alle sue sessioni di tribunale, la questione non è stata ulteriormente dibattuta.
L’ultimo arresto di Sayed Adnan è avvenuto il 30 ottobre 2018, quando agenti in abiti civili lo hanno arrestato senza un mandato da una casa ad Aldair, ed è stato portato all’Unità Investigativa nella prigione di Jau e poi al CID ad Adliya. Sayed Adnan è stato rapito per dieci o dodici giorni, durante i quali la sua famiglia non era a conoscenza di cosa gli stesse succedendo o di dove si trovasse. I famigliari hanno dunque contattato l’Ombudsman del Ministero degli Interni ed il CID per indagare su Sayed Adnan, ma non hanno ricevuto risposta. Dieci o dodici giorni dopo, Sayed Adnan li ha chiamati per informarli della sua posizione.
Durante quel periodo, Sayed Adnan è stato interrogato, senza la presenza di un avvocato, sia al CID nella prigione di Jau che ad Adliya. Lì, gli ufficiali mascherati armati in abiti civili lo hanno torturato psicologicamente e fisicamente per estorcergli false confessioni. Lo hanno minacciato di arrestare una delle sue sorelle e di aggredirlo sessualmente nel caso in cui non avesse voluto collaborare; hanno inoltre insultato la sua setta religiosa e i suoi simboli. Lo hanno picchiato severamente su parti del corpo non visibili come lo stomaco, la schiena e le cosce, lo hanno bendato e gli hanno impedito di contattare la sua famiglia. Sayed Adnan soffre oggi di forti dolori al ginocchio a causa delle ferite accusate mentre era inseguito dalle autorità in seguito alla sua partecipazione ad una manifestazione pacifica nel 2014. Nonostante le sue richieste di vedere un medico, egli non è stato esaminato e l’amministrazione della prigione ha persino rifiutato di fornirgli una crema per contribuire ad alleviare il suo dolore.
Numerose accuse relative all’attuazione di atti terroristici, quali incendio doloso, distruzione negligente, produzione di esplosivi, assemblea illegale e disordine pubblico sono stati sollevati contro Sayed Adnan, il quale era coinvolto in nove casi. Tra il 2016 e il 2020, Sayed Adnan è stato condannato a un totale di 27 anni e mezzo di carcere ed è stato multato per circa 101.000 dinari bahreiniti. Durante l’interrogatorio ed il processo a Sayed Adnan, è stato negato l’accesso al suo avvocato, e le confessioni estratte al detenuto sotto tortura sono state usate in tribunale come prova per incriminarlo. Circa un mese e mezzo dopo il suo arresto, Sayed Adnan è stato trasferito dal CID alla prigione di Jau dopo che le sentenze contro di lui sono state emesse in absentia.
Sayed Adnan è stato in grado di incontrare la sua famiglia solo più di un mese dopo il suo arresto. A metà del 2019 la comunicazione con Sayed Adnan è stata interrotta. La sua famiglia è stata informata da parte di altri detenuti che era stato trasferito nell’edificio di indagine dove rimase per 14 giorni. Un detenuto ha riferito di averlo visto in tribunale e ha detto che vi erano segni di tortura sul suo corpo. Quest’ultimo ha poi contattato la famiglia di Sayed Adnan ed ha spiegato loro che la ragione dietro la tortura era quella di estorcere confessioni alle accuse a lui attribuite.
La famiglia di Adnan ha presentato diverse denunce al NIHR ed all’Ombudsman del Ministero degli Interni per quanto riguarda la tortura e i maltrattamenti inflitti, ma senza successo. La famiglia di Sayed Adnan ha presentato una denuncia anche in seguito agli eventi del 17 aprile 2021 nella prigione di Jau[1], ma non vi è stato alcun seguito da parte delle autorità. In prigione, Sayed Adnan è tuttora soggetto a discriminazioni basate sulla sua appartenenza alla setta religiosa sciita.
Il trattamento riservato dalle autorità del Bahrein a Sayed Adnan, a partire dai molteplici arresti arbitrari e senza mandato, dalla sparizione forzata, il vedersi negato il diritto ad equo e giusto processo, la tortura, i maltrattamenti e la discriminazione religiosa subita, costituiscono tutti nette violazioni degli obblighi del Bahrein ai sensi della Costituzione bahreinita e dei trattati internazionali di cui esso è firmatario, segnatamente la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (CAT) ed il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR). Pertanto, ADHRB esorta le autorità a concedere immediatamente a Sayed Adnan un nuovo processo che rispetti le norme internazionali, in materia di prove, e che non si basi su accuse false e/o false confessioni estorte sotto costrizione. Infine, ADHRB chiede alle autorità di indagare urgentemente sulle accuse di tortura al fine di ritenere colpevoli i funzionari responsabili.
[1] Il 17 aprile 2021, un certo numero di detenuti nella prigione di Jau, edificio 13, padiglione 2, ha effettuato un sit-in per protestare contro la morte di un compagno di cella e la mancanza di cure sanitarie adeguate alla luce della pandemia. In risposta, le guardie carcerarie hanno brutalmente represso il sit-in, aggredito e torturato fino a 35 prigionieri.