Negli Emirati Arabi Uniti (UAE) sono in vigore diverse leggi volte a contrastare la criminalità informatica. Tuttavia, gli effetti di tali decisioni politiche, che stanno rapidamente proliferando in tutto il mondo, potrebbero essere irreversibili in quanto violano il diritto alla libertà di espressione, minano ai processi elettorali e intimidiscono la popolazione.
Freedom House sottolinea come le leggi degli Emirati Arabi danno un’ampia discrezione alle autorità per punire la diffusione di opinioni su deterninati argomenti ritenuti sensibili dal governo. In primis, la legge del 1980 sulle pubblicazioni e l’editoria, considerata una delle leggi sulla stampa più restrittive del mondo arabo, regola tutti gli aspetti dei media e vieta le critiche al governo. In aggiunta, la legge sui crimini informatici del 2012, che ha sostituito quella approvata nel 2006, introduce lunghe pene detentive per reati quali danneggiare “la reputazione o lo status degli Emirati Arabi e delle sue istituzioni”.
La legge antiterroristica del 2014 prescrive pene, tra cui quella capitale, per reati come “minare la sicurezza nazionale” e “possedere materiale che denigra l’Islam”, e la legge del 2015 contro l’odio e la discriminazione contiene definizioni vaghe e criminalizza una vasta gamma di attività legate alla libertà di parola. Queste e altre leggi penali sono state attivamente applicate contro coloro gli utenti dei social media. Le autorità hanno sistematicamente perseguitato i parenti dei dissidenti incarcerati o esiliati, ad esempio, tramite la revoca della cittadinanza, il sequestro dell’identità, la proibizione dei viaggi e impedendo loro l’’accesso all’istruzione e al lavoro. Numerosi opinionisti sono stati incarcerati negli ultimi anni per aver criticato le autorità, espresso sostegno ai dissidenti che richiedevano riforme politiche o per avere denunciato la condizione dei diritti umani nel paese. Tra questi c’è anche Ahmed Mansoor, attivista per i diritti umani, condannato a 10 anni di carcere nel 2018 per aver usato i social media per “pubblicare informazioni false che danneggiano la reputazione del paese”.
Le leggi sulla cybersicurezza violano le leggi del diritto internazionale. Sotto la Dichiarazione universale dei diritti umani, la libertà di espressione comprende il “diritto di non essere molestato per la propria opinione, e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e frontiera“. La dichiarazione, firmata nel 1948, delinea una caratteristica importante di questo diritto: non ci dovrebbe essere alcuna barriera all’accesso alle informazioni. Inoltre, tali leggi si pongono in contrasto con il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), che è vincolante per gli Emirati Arabi in quanto firmatario, nell’articolo 19 (diritto di ricercare informazioni) e 17 ( diritto alla privacy).
È evidente che le leggi sulla cybersicurezza limitano considerevolmente la libertà di espressione, colonna portante della democrazia. La comunità internazionale non può tacere di fronte queste gravi violazioni dei diritti umani.