In una lettera aperta pubblicata il 15 aprile una coalizione multipartitica di membri del Parlamento Europeo hanno chiesto che il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) agisca immediatamente per fermare gli abusi dei diritti umani, così diffusi e sistematici, compiuti dal governo degli Emirati Arabi Uniti (EAU). Questa lettera, pubblicata alla luce dell’imminente Dialogo sui diritti umani tra Unione Europea e EAU che avrà luogo quest’anno, chiede che vengano scarcerati i prigionieri di coscienza, che venga posta fine alla tortura e ai maltrattamenti di questi prigionieri, e che venga fornita protezione da punizioni di massa alle famiglie dei prigionieri.
“Come membri del Parlamento Europeo, scriviamo per esprimere le nostre preoccupazioni maggiori circa le continue violazioni dei diritti umani negli Emirati Arabi Uniti, riferendoci in modo particolare all’oppressione sistematica della libertà d’espressione e alle conseguenti vendette perpetrate nei confronti dei prigionieri durante la detenzione”, riporta la lettera indirizzata all’Alto rappresentante e Vice presidente Josep Borrell.
Questa sarà la prima volta dal 2017 che un simile dialogo tra Unione Europea e EAU avrà luogo. Nella loro dichiarazione, 17 parlamentari hanno rivolto la loro attenzione ad un’ampia gamma di abusi dei diritti umani commessi dal governo degli Emirati. Dopo aver trattato casi di tortura sistematica e maltrattamenti di detenuti perpetrati dalle forze dell’ordine, la lettera evidenzia le preoccupazioni circa la pratica della detenzione indeterminata dei prigionieri politici, che hanno pienamente scontato la loro pena, ma che non sono stati scarcerati. Mentre quattro attivisti sono stati liberati questa settimana, in seguito ad un’amnistia storica, negli EAU ci sono altri nove prigionieri di coscienza ancora in prigione, nonostante abbiano scontato la loro pena.
In questo contesto, la lettera sottolinea il caso di Amina Al-Abdouli, un’attivista donna che “[…] dopo essere stata fatta sparire per otto mesi, durante i quali non ha avuto accesso ad alcuna assistenza legale né ha avuto alcun contatto con il mondo esterno, è stata condannata a cinque anni di prigione a causa di un tweet che ha postato”. Nel novembre 2020, Amina Al-Abdouli ha scontato la sua pena ingiusta, ma, nonostante questo, non ha avuto la possibilità di riunirsi con la sua famiglia, e rimane dietro le sbarre in una prigione di Abu Dhabi.
La lettera, inoltre, fa riferimento alla risoluzione del 2018 sul caso degli EAU, nella quale il Parlamento Europeo ha sollevato le sue preoccupazioni circa la situazione degli attivisti per i diritti umani, tra i quali Ahmed Mansoor, e ha sottolineato che “da quel momento la situazione per i difensori dei diritti umani nel paese non è migliorata, anzi, è molto peggiorata, dal momento che molte persone critiche del governo stanno sopportando orribili condizioni di detenzione che non rispettano le leggi internazionali in vigore”.
Nei loro paragrafi conclusivi, gli europarlamentari chiedono all’Unione Europea di compiere un’azione decisiva nei confronti degli EAU: “alla luce dell’imminente Dialogo sui diritti umani tra Unione Europea e EAU, l’Unione Europea ha un’importante occasione per far presente la situazione descritta fino a questo momento al governo degli Emirati, e per chiedere che renda conto per le azioni commesse fino ad ora. Inoltre, per assicurarci che le discussioni nel corso del dialogo abbiano risultati consistenti, chiediamo alla SEAE di istituire un meccanismo di controllo sulla situazione dei diritti umani negli Emirati Arabi Uniti nel periodo dopo il Dialogo.
Come membri del Parlamento Europeo, ci impegniamo per la protezione, la promozione e lo sviluppo di tutti i diritti umani negli Emirati Arabi Uniti”.