Il 10 febbraio, l’attivista per i diritti delle donne saudite Loujain al-Hathloul è stata scarcerata dopo aver trascorso più di due anni in detenzione. Tuttavia, non ha ancora ottenuto la piena libertà, poiché le è stato vietato viaggiare e ha una sospensione condizionale della pena che consente alle autorità saudite di riportarla in prigione in qualsiasi momento nel caso di qualsiasi attività criminale percepita.
Loujain al-Hathloul è una delle tante attiviste donne che hanno sostenuto la fine delle discriminazioni contro le donne in Arabia Saudita negli ultimi dieci anni. Nel 2010, Samar Badawi, un’altra attivista per i diritti delle donne saudite e sorella di Raif Badawi, condannato nel 2012 a 10 anni di carcere per aver criticato i funzionari del regno, ha ottenuto fama internazionale quando il Tribunale di Gedda l’ha prosciolta dopo che lei aveva contestato il sistema di tutela maschile in forza nel Regno. Nel 2014, Samar Badawi ha fatto un discorso contro le violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita durante la 27° sessione del Consiglio per i diritti umani (HRC) delle Nazioni Unite (ONU) a Ginevra. Per il suo attivismo, Samar Badawi ha ricevuto il premio United States International Women of Courage nel 2012.
Tuttavia, le persecuzioni contro di lei sono continuate, e nel gennaio 2017 le è stato vietato viaggiare. Nel 2016, le forze dell’ordine saudite l’hanno convocata a causa di indagini riguardanti l’attività dell’account Twitter del marito, Waleed Aby al-Khair. A causa del suo continuo lavoro nel contestare la posizione conservatrice delle autorità saudite e nella difesa dei diritti delle donne, Samar è stata successivamente arrestata nel 2018. Dal maggio dello stesso anno, le autorità saudite hanno ulteriormente represso le donne difensori dei diritti umani e hanno arrestato 13 donne per il loro attivismo per i diritti umani, tra le quali Nassima al-Sada, Nouf Abdulaziz e Maya’a al-Zahrani, Iman al-Nafjan e Loujain al-Hathloul. Nel 2016, al-Hathloul e al-Nafijan hanno firmato una petizione indirizzata al re Salman per abolire il sistema di tutela maschile che contava più di 14.000 firme. L’Arabia Saudita è l’unico paese al mondo che mantiene la tutela maschile sulle donne, rendendo così queste ultime cittadini di seconda classe nel proprio paese.
Questi attivisti avevano anche partecipato a una campagna contro il divieto di circolazione prima dell’annuncio che sarebbe stato revocato a giugno 2019, come parte delle misure annunciate dal principe Mohammed bin Salman attraverso la sua campagna Vision 2030. Tuttavia, queste misure sono solo modifiche apparenti e cosmetiche, atte a fare appello alle potenze occidentali, dato che l’Arabia Saudita continua ad arrestare attivisti e comandare esecuzioni.
Samar Badawi e Loujain al-Hathloul sono solo due delle donne incarcerate per aver lottato per i propri diritti. Altri includono Nassima al-Sada e Maya’a al-Zahrani. Mentre Loujain al-Hathloul e Nouf Abdulaziz sono stati temporaneamente rilasciati, tutti continuano a essere processati e molti continuano a rischiare di essere condannati al carcere ai sensi della legislazione anti-criminalità informatica per il loro lavoro sui diritti umani.
È fondamentale che queste donne attiviste per i diritti umani vengano scarcerate immediatamente e incondizionatamente, ed è imperativo far cadere tutte le accuse contro di loro, in primis perché queste donne non avrebbero dovuto essere in prigione, dal momento che stavano combattendo per i diritti che ogni donna dovrebbe avere. Come molte ONG, tra le quali Amnesty International, hanno sottolineato, le autorità devono garantire un’indagine imparziale e indipendente sulle accuse di tortura, abusi sessuali e altre forme di maltrattamento da parte degli attivisti. Inoltre, gli attivisti devono difendere il loro diritto alla riparazione, come richiedono diverse convenzioni e trattati internazionali, per la detenzione arbitraria e altre violazioni dei diritti umani.