Dieci anni dopo l’inizio dei movimenti filo democratici nella regione MENA, il team italiano di Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain ha organizzato un evento per ricordare le manifestazioni a Manama e per discutere la situazione attuale dei diritti umani nella regione.
Il webinar è iniziato con la testimonianza di Najah Youssef, attivista bahreinita che ha esposto le violenze e le ritorsioni che lei e la sua famiglia hanno subito per via della loro partecipazione alle manifestazioni filo democratiche del 2011. Durante la conferenza, hanno preso la parola Francesca Pisanu, advocacy assistant di ADHRB, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, Francesco Vignarca di Rete Italiana Pace e Disarmo e il Professore Francesco Cherubini della LUISS Guido Carli.
In Italia, l’evento organizzato da ADHRB è stato unico nel suo genere, poiché il Bahrain non ha ricevuto la stessa attenzione da parte dei media nazionali rispetto a paesi quali Egitto, Tunisia, Libia. Questa negligenza da parte dei media nel raccontare le manifestazioni della Rotonda di Manama è avvenuta anche per la mancanza diretta di coinvolgimento di forze occidentali. Tuttavia, la condizione dei diritti umani merita una particolare attenzione, in quanto dalla “Rivolta di San Valentino” il Bahrein si è trasformato in uno stato di polizia, in cui ogni forma di dissenso viene repressa e i diritti umani vengono violati per mano dello stesso governo.
I relatori hanno fatto presente la natura pacifica delle dimostrazioni in Bahrain, caratterizzate da forti rivendicazioni in materia di diritti umani e civili, e del ruolo centrale delle donne nel perorare la causa. Da ricordare, come suggerito da Riccardo Noury, la brutalità con cui il dissenso è stato soppresso dal regime Al-Khalifa, anche tramite il coinvolgimento militare ricevuto dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti. Inoltre i relatori hanno fatto presente come alcuni paesi occidentali, tra cui l’Italia, contribuiscano a ‘coprire’ tali repressioni prestandosi a campagne pubblicitarie, quali la cattedra ‘King Hamad Chair for Religious Co-Existence’ alla Sapienza.
L’appoggio dell’Italia a regimi non democratici, tuttavia, si manifesta anche nei rapporti commerciali: il paese infatti esporta armamenti nel Golfo per cifre elevatissime. Nel 2015 il valore delle esportazioni al Kuwait era di quasi 8 miliardi, 6,5 miliardi al Qatar, 855 milioni all’Arabia Saudita e 65 milioni al Bahrain. Nonostante la decisione del parlamento italiano di sospendere la vendita di armi all’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, le esportazioni verso altri paesi della regione continuano. Il Vice Presidente del Parlamento Europeo Castaldo e l’Onorevole Pignedoli hanno inoltre fatto notare, che nonostante esistano dei criteri chiari che regolano la vendita di armi verso paesi terzi, tra cui il rispetto dei diritti umani, mancano degli strumenti sanzionatori per quei paesi che violano tali criteri.
Un’altra problematica in materia di diritti umani, è che i governi hanno aderito a poche convenzioni internazionali, come spiegato dal Professore Associato Francesco Cherubini dell’Università LUISS Guido Carli. Per di più, negli accordi multilaterali a cui aderiscono, i governi si rifiutano di accettare le clausole facoltative che danno al Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU la possibilità di portare avanti delle inchieste, rendendo di fatto le convenzioni stesse poco incisive.
In vista di quanto sottolineato dai relatori sull’importanza dell’attivismo nel promuovere i diritti umani e la pace nella regione, ADHRB ha illustrato la situazione degradante in cui si trovano i prigionieri politici, Infine, l’evento è stata un’occasione per lanciare ufficialmente la campagna per la liberazione di Hassan Mushaima, leader dell’opposizione politica, ingiustamente incarcerato e condannato ad una vita in prigione.