Il difensore dei diritti umani Naji Ali Fateel è un importante attivista, blogger, organizzatore di proteste e co-fondatore della Bahrain Youth Society for Human Rights (BYSHR). F Nel 2013, Fateel è stato arbitrariamente arrestato nella sua casa e, in seguito, è stato torturato e soggetto a maltrattamenti, tra cui scosse elettriche, minacce, è stato picchiato e privato del cibo e del sonno. Fateel è stato condannato in un processo ingiusto e si trova ancora oggi nella Prigione di Jau, così come persistono le gravi ferite che ha subito a causa delle torture ricevute.
Il 2 maggio 2013, la casa di Naji che si trova nel villaggio di Bani Jamra è stata perquisita senza mandato da 12 agenti di polizia in uniforme civile e membri del Comando delle Forze Speciali di Sicurezza (SSFC). I poliziotti mascherati hanno intimidito i familiari di Naji e confiscato i suoi effetti personali, compresi il suo portatile e il cellulare. Gli ufficiali hanno anche sequestrato alcuni documenti personali, oltre al portatile della figlia e alla macchina fotografica della moglie. In seguito, gli agenti hanno picchiato Naji davanti alla sua famiglia, lo hanno ammanettato e lo hanno costretto a salire su un autobus blindato. All’interno dell’autobus, l’attivista è stato messo a terra e gli agenti hanno continuato con le percosse, calpestandogli la testa.
Mentre si recavano verso la Direzione delle Investigazioni Criminali (CID), un agente ha consegnato a Naji un telefono e lui è stato minacciato. Nonostante queste minacce, Naji è rimasto in silenzio. Gli agenti di polizia e il personale del SSFC non hanno fornito alcun mandato al momento del suo arresto. Naji ritiene di essere stato arrestato a causa del suo attivismo per i diritti umani particolarmente forte durante la crisi politica del 2011 in Bahrein, quando ha ricevuto molteplici minacce di morte. Dalla crisi del 2011, Naji è stato preso di mira e monitorato dalla polizia. A quanto pare, Naji è stato arrestato per la sua partecipazione alla 22a Sessione del Consiglio per i Diritti Umani del Marzo 2013, che si è svolta dal 25 Febbraio al 22 Marzo 2013.
All’arrivo alla Direzione delle indagini penali (CID), Naji è stato messo in isolamento per tre giorni ed ha avuto contatti con la sua famiglia solo il 4 maggio 2013. Naji è stato accusato e imputato per aver partecipato ad un’assemblea illegale con lo scopo di turbare la sicurezza pubblica tramite l’uso della violenza, di aver fondato il gruppo “Coalizione del 14 Febbraio” con l’intenzione di riformare la Costituzione e di aver partecipato alle rivolte del carcere di Jau il 10 marzo 2015.
Dopo tre processi tra maggio 2013 e gennaio 2016, Naji è stato condannato a 25 anni e 6 mesi di carcere per le accuse mosse contro di lui. Tutte le sentenze emesse contro Naji sono state confermate ad eccezione della terza dove la pena è stata poi ridotta a 10 anni. Il 9 maggio 2013, Naji è stato detenuto dall’Ufficio del pubblico ministero (PPO) per sospetta violazione dell’articolo 6 della legge antiterrorismo bahreinita del 2006. Nonostante la richiesta al Procuratore Capo, a Naji è stato negato il diritto di contattare il suo avvocato.
Naji è stato successivamente trasferito al CID per essere interrogato ed è stato sottoposto poi a tortura e maltrattamenti, tra cui gravi percosse su tutto il corpo, scosse elettriche ai genitali, annegamento simulato, insulti verbali, minacce di pubblicare foto private di sua moglie, ed è stato messo in isolamento per tre giorni. Naji è stato torturato ripetutamente durante gli interrogatori e ha ricevuto anche delle minacce di stupro. Inoltre, è stata minacciata la sua famiglia se non si fosse conformato al volere degli ufficiali investigativi. Naji racconta di essere svenuto due volte mentre veniva appeso al soffitto e di essere stato successivamente trasferito in ospedale. Naji ha anche raccontato come sia stato sottoposto a privazione di sonno e costretto a stare in piedi per lunghi periodi di tempo. Oltre a questo, a Naji è stato negato il diritto alla preghiera. Si dice che Naji sia stato ammanettato e bendato durante le indagini. Dopo la tortura, Naji è stato costretto a firmare una confessione senza conoscere il contenuto del documento.
Quattro giorni dopo il suo arresto, Naji è stato portato davanti alla Procura della Repubblica. Il Procuratore Capo ha negato a Naji il suo diritto legale a un avvocato durante l’interrogatorio. Naji è stato trasferito da e verso l’edificio della Procura e al CID poiché riluttante nel collaborare con gli agenti investigativi. Al CID, Naji è stato torturato fino a quando ha perso conoscenza ed è stato ricoverato in ospedale. Quando si è svegliato, Naji è stato riportato all’OPP e costretto a firmare un’altra confessione. Successivamente è stato trasferito nuovamente al CID. Durante questo calvario, Naji è stato privato del cibo. Tutti questi procedimenti sono avvenuti nella stessa notte. Nella settimana successiva al suo arresto, Naji è stato trasferito nel blocco 5 del penitenziario “Dry Dock”.
Due o tre mesi dopo l’arresto, Naji è stato visitato dal Procuratore Generale del carcere di Jau, il quale ha voluto interrogarlo sul suo presunto ruolo nei disordini nel carcere stesso. Ancora una volta, Naji ha chiesto la presenza di un avvocato durante l’intervista. In risposta alla sua richiesta, il Procuratore Capo ha detto che avrebbe riprogrammato le indagini dopo aver contattato l’avvocato di Naji. Secondo Naji, ciò non è mai accaduto.
La famiglia di Naji ha potuto fargli visita solo il 29 settembre 2013 dopo che era stata emessa la seconda sentenza contro di lui. Infatti, a Naji è stato ripetutamente negato il diritto di vedere la sua famiglia. Nel luglio 2013, Naji è stato trasferito alla prigione centrale di Jau. Secondo il Gulf Centre for Human Rights, Naji era uno dei tanti prigionieri che sono stati torturati fisicamente e psicologicamente per mano delle autorità del Bahrein in seguito ai disordini nella prigione di Jau nel 2015.
Naji ha subito diverse lesioni – tra cui ferite alla schiena – a causa delle torture subite, soffre di una leggera riduzione del grado di udito all’orecchio sinistro e si affida ad un apparecchio acustico per l’altro. Tra le tante altre lesioni sul suo corpo, Naji ha riportato anche una gamba e un naso rotti. Naji ha chiesto di essere visitato da un medico per una lesione che ha subito alla gamba sinistra durante le riprese di una protesta. L’intervento chirurgico per rimediare a questa ferita era inizialmente previsto per il 2018, ma in seguito è stato annullato. Soffrendo di colesterolo alto, Naji ha anche detto che il cibo della prigione non è adatto alle sua condizione di salute e gli causa dolori di stomaco.
La confessione forzata di Naji è stata usata come prova contro di lui nel processo, riguardante il primo e il secondo caso. Nel 2013, Naji ha partecipato ad un’udienza in tribunale ed è stato in grado di mostrare al giudice le ferite alla schiena subite a causa della tortura. Il giudice ha trasferito Naji all’Unità Investigativa Speciale (SIU) lo stesso giorno. Il Procuratore Capo ha visto le ferite alla schiena e lo ha rassicurato sul fatto che sarebbero stati presi provvedimenti. A Naji è detto che sarebbe stato visitato da un medico e che sarebbe stato poi trasferito al Dry Dock Detention. Questo controllo però non è avvenuto.
A seguito dei disordini nel carcere di Jau, Naji ha presentato diverse denunce all’Unità Investigativa Speciale, alla Procura della Repubblica, alla Fondazione dell’Istituto Nazionale per i Diritti Umani, al giudice dell’esecuzione della pena e al Procuratore Generale. A queste denunce non sono mai seguite azioni concrete. Inoltre, Naji e sua moglie hanno presentato una denuncia al Mediatore nel 2014. Queste denunce non sono ancora state esaminate. Nel 2013, il presidente della Law Society ha inviato una lettera a Re Hamad per esprimere la sua profonda preoccupazione per l’arresto e la detenzione arbitraria di Naji. Anche in questo caso, non è stata condotta alcuna indagine sulla prima lettera, né su una successiva lettera inviata nel 2015. Ha riferito poi gli eventi di un’udienza del 18 novembre 2013, quando il giudice avrebbe ostacolato la difesa durante l’interrogatorio ai testimoni dell’accusa, ma un poliziotto ha messo a tacere un avvocato, mentre un altro è stato cacciato dal tribunale. Naji continua a subire torture fisiche e psicologiche a causa del suo continuo attivismo all’interno del carcere di Jau; è stato messo in isolamento per 6 mesi e gli è stata negata la libertà religiosa.
Nel 2014, Naji ha iniziato uno sciopero della fame per la libertà. Il trattamento di Naji da parte delle autorità bahreinite è la prova delle violazioni da parte del Bahrein dei suoi obblighi internazionali sui diritti umani, compresi, ma non solo, gli Articoli 5, 7, 9, 9, 10, 14, 17 e 18 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR) e la Convenzione contro la Tortura e altri Trattamenti o Punizioni crudeli, inumani o degradanti (CAT).
Americans for Democracy & Human Rights chiede al governo del Bahrein l’immediato rilascio di Naji Fateel e un’indagine sul suo caso, senza ulteriori indugi, per chiedere conto a tutti gli autori dei suoi maltrattamenti.