I perdoni del re del Bahrein: un gesto per mascherare le violazione dei diritti umani

Lunedì 8 aprile 2024, il re del Bahrein ha emesso un decreto reale che condona 1.584 prigionieri detenuti per accuse di crimini e disordini, rendendolo il più grande indulto dalla Primavera Araba del 2011. Il perdono è stato annunciato prima di Eid al-Fitr, un periodo in cui i musulmani sono incoraggiati a cercare il perdono, e quindi anche un momento in cui molti governanti del Golfo emetteranno i loro condoni.

Questo decreto può sembrare un gesto generoso; tuttavia, è necessario speculare sul contesto di questi perdoni. Questo decreto sarebbe stato fatto per promuovere i principi della giustizia e dello stato di diritto. Tuttavia, non si può ignorare la tempistica di questi perdoni. Oltre a coincidere con l’Eid al-Fitr, questo decreto arriva in un momento di intenso disordine nel carcere di Jau, dove erano detenuti la maggior parte dei prigionieri. Dato che l’ultima amnistia di questa portata era stata concessa dopo la rivolta popolare del 2011, è evidente che la tendenza è quella di concedere l’indulto in tempi di disordini. Di conseguenza, sembra che non siano usati solo come atto di perdono, ma anche per fermare i disordini nel Paese e aumentare la fiducia nel governo. Ci si chiede quindi se i perdoni siano fatti per promuovere la giustizia o se siano invece intesi ad alleggerire la pressione sul governo.

Secondo il Re, questi perdoni servono a “promuovere i valori dei diritti umani in linea con l’approccio del Regno“. Se sono stati concessi seguendo “l’approccio del Regno” ai diritti umani, e non gli standard universali, può essere un passo genuino verso la promozione dei diritti umani in Bahrein? Con uno sfondo di molte detenzioni illegali, che continuano anche nel 2024, questo decreto non è sufficiente ad assolvere il Bahrein dalle sue violazioni dei diritti umani. Anche il sistema giudiziario del Bahrein non è indipendente, poiché il re mantiene il potere giudiziario, lasciando le decisioni finali a sua discrezione. Di conseguenza, esiste un problema sistemico di base con lo stato di diritto e i diritti umani in Bahrein. Ciò significa che la libertà delle 1.584 persone rilasciate non è necessariamente un passo verso la libertà di tutti coloro che sono stati ingiustamente detenuti in Bahrein. Senza un intervento concreto, il ciclo di arresti illegali continuerà.

È anche importante notare che i prigionieri con accuse di protesta sono spesso persone che hanno pacificamente chiesto o sostenuto un cambiamento politico. Il Bahrein è noto per avere una libertà politica limitata, il che significa che molti di questi prigionieri sono stati arrestati per aver parlato contro il governo – come nel caso di Ebrahim Sharif, che è stato arrestato per aver criticato il governo del Bahrein sui social media, appena dieci giorni prima di questo decreto reale. Ciò indica che non ci sono stati cambiamenti effettivi per migliorare i diritti umani, la libertà di parola o il diritto di riunione pacifica in Bahrein. Inoltre, nella prigione di Jau rimangono 600 prigionieri politici, alcuni dei quali sono nel braccio della morte. Tra questi, leader e attivisti dell’opposizione come Hassan Mushaima e il dottor Abduljalil al-Singace continuano a essere arrestati ingiustamente.

Il decreto reale del Bahrein che condona 1.584 persone arriva in un momento in cui continuano le proteste nelle carceri, facendo sospettare che sia usato come tattica per distrarre dalle loro detenzioni illegali. Il Bahrein deve fare di più per promuovere i diritti umani secondo gli standard universali durante tutto l’anno, e non concedere occasionalmente la grazia ai detenuti in tempi di turbolenza. Il Paese deve affrontare le detenzioni illegali e lavorare per promuovere la democrazia, la libertà di espressione e di riunione pacifica per sostenere i diritti umani dei suoi cittadini.

Ci sono ancora molti prigionieri politici innocenti che sono stati detenuti illegalmente e che meritano giustizia. Questi condoni non controbilanciano le violazioni dei diritti umani del Bahrein e sono inadeguati per essere considerati un passo verso le riforme.