Il recente annuncio del Bahrein come ospite della 146esima Assemblea dell’Unione Interparlamentare (UIP), prevista per marzo 2023, rappresenta l’ennesima esemplificazione di una triste verità geopolitica: la comunità internazionale è disposta a trascurare gli abusi di un regime autoritario che continua a impegnarsi in una campagna di persecuzione e terrore, a condizione che tale governo sia un alleato strategico e sia percepito, come impegnato nel progresso. Certamente, l’importanza strategica del Bahrein per gli influenti stati occidentali è ben stabilita, così come l’abilità del Bahrein nel mascherare il suo record di violenza e oppressione attraverso l’implementazione di riforme cosmetiche e una retorica vuota. Il fatto che il governo del Bahrein sia orgogliosamente vocale sulle riforme che emana nonostante non soddisfino ancora gli obblighi secondo il diritto internazionale, indica uno sforzo per mettere a tacere il dissenso tramite un uso illegittimo del potere in diretta violazione degli standard internazionali sui diritti umani. Tuttavia, queste circostanze non dovrebbero negare la realtà: la tortura è endemica, gli arresti arbitrari continuano ad essere all’ordine del giorno e le libertà civili rimangono quasi inesistenti.
È chiaramente incongruente che l’UIP, un’organizzazione il cui slogan è “per la democrazia, per tutti”, scelga di tenere la sua Assemblea in uno stato le cui politiche oppressive trattano la democrazia come un cancro della società che deve essere eliminato ad ogni costo. Sono passati undici anni da quando il governo del Bahrein ha violentemente soppresso il movimento pacifico pro-democratico che si è coalizzato intorno alle rimostranze collettive derivanti dalla mancanza di diritti civili e libertà fondamentali. Nel frattempo, il governo ha solamente intensificato la sua violenta presa di mira dei difensori dei diritti umani, degli attivisti dell’opposizione politica e dei minori. Nel 2021, il Bahrein ha arrestato e detenuto 13 bambini per attività di protesta, il più giovane aveva 11 anni, e ha sottoposto molti di loro a gravi violazioni dei diritti tra cui percosse e minacce di aggressione sessuale. Nonostante le affermazioni del governo del Bahrein che tentano di minimizzare gli abusi sistematici come incidenti isolati, la prevalenza delle violazioni dei diritti umani in Bahrein è, di fatto, il risultato di una politica statale. Inoltre, non solo il Bahrein è antidemocratico, ma c’è stato anche un rapporto costante da parte di organizzazioni credibili per i diritti umani come Human Rights Watch e Amnesty International che descrivono il governo del Bahrein come effettivamente a capo di uno stato di polizia.
L’articolo 1 dello statuto dell’Unione interparlamentare afferma che l’UIP condivide gli obiettivi delle Nazioni Unite e i suoi sforzi, eppure la decisione di far ospitare l’Assemblea al Bahrein minerebbe attivamente il lavoro critico degli organi internazionali dell’ONU e non rispetterebbe un obiettivo fondamentale della Carta delle Nazioni Unite, vale a dire “[promuovere] i diritti umani e le libertà fondamentali per i popoli del mondo”. Nell’ambito della sua recente 71esima sessione, il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e culturali (CESCR) ha condotto un esame completo delle pratiche del Bahrein in materia di diritti umani, in cui i membri del Comitato hanno costantemente evidenziato come la retorica del Bahrein a favore dei diritti e le riforme legislative fossero nettamente in contrasto con le pratiche effettive promosse dal governo. Nelle sue osservazioni conclusive, il CESCR ha citato l’intensificarsi delle violente rappresaglie contro i difensori dei diritti umani e ha identificato numerosi modi in cui le azioni delle autorità del Bahrein sono servite a limitare ulteriormente le libertà economiche, sociali e culturali dei sudditi del Regno.
A dimostrazione della mancanza di volontà politica del governo di sostituire la vuota retorica con riforme significative, la delegazione bahreinita si rifiuta di riconoscere l’esistenza di prigionieri politici, nonostante rapporti credibili stimino che ci siano 1.500 prigionieri politici su una popolazione carceraria totale di circa 3.800 persone. È preoccupante che i rappresentanti del Ministero degli Interni del Bahrein (MOI), spesso coinvolto, abbiano continuato a negare anche dopo che i membri del CESCR abbiano ripetutamente fatto riferimento a gravi maltrattamenti e abusi contro alcuni difensori dei diritti umani imprigionati: Abduljalil Al-Singace, Abdulhadi Al-Khawaja e Naji Fateel.
Inoltre, l’articolo 3 dell’UIP afferma che l’appartenenza all’Assemblea è riservata a quei parlamenti “…costituiti in conformità con le leggi di uno Stato sovrano di cui rappresenta la popolazione”. La struttura autocratica del Bahrein viola questa stipulazione. Le carenze dell’Assemblea Nazionale del Bahrein sono molteplici, anche se è possibile suggerire che la maggior parte dei problemi derivano dal fatto che è un organo non rappresentativo, non rispondendo alla popolazione che pretende di rappresentare. Il Consiglio della Shura, o camera alta, rimane un organo non eletto i cui membri sono interamente nominati dal re, mentre il Consiglio dei Rappresentanti, la camera bassa eletta, non ha potere al di sopra della volontà del re. Nonostante la promulgazione di emendamenti costituzionali nel 2012 abbia limitato nominalmente il potere del re e del primo ministro, il re mantiene il potere di licenziare l’Assemblea nazionale a suo piacimento. Inoltre, e di particolare preoccupazione in vista delle prossime elezioni parlamentari di novembre, è necessario ricordare che le elezioni del 2018 sono state boicottate dalle restrizioni imposte alla società civile e politica e dall’uso della gerrymandering per privare del diritto di voto la maggioranza sciita del Bahrein. Tutte le principali società di opposizione rimangono forzatamente sciolte, e tutta l’opposizione politica è stata effettivamente vietata.
Si dovrebbe notare che l’abissale record dei diritti umani del Bahrein non è estraneo all’UIP e ai suoi meccanismi correlati. La decisione di tenere la 146esima Assemblea in Bahrein arriva solo tre anni dopo che il Comitato per i diritti umani dei parlamentari dell’UIP ha condotto un’indagine sulle violazioni dei diritti umani da parte del governo del Bahrein contro Matar Ebrahim Matar e Jawad Fairooz Ghuloom, due membri dell’opposizione Al-Wefaq attualmente sciolta. Questi avrebbero subito torture, maltrattamenti e altri atti di violenza come arresto e detenzione arbitraria, mancanza di un processo equo e altre violazioni e la revoca illegale della cittadinanza. Come parte della sua decisione, il Comitato ha espresso profonda preoccupazione per questi abusi, in particolare la prevalenza di torture perpetrate dalle autorità bahreinite e le rappresaglie del governo sotto forma di revoca della cittadinanza, e ha notato con rammarico l’assenza di qualsiasi prova che indichi un’indagine ufficiale efficace per garantire la responsabilità di queste violazioni.
L’UIP opera con la presunta visione di creare un mondo “dove ogni voce conta, dove la democrazia e i parlamenti sono al servizio del popolo per la pace e lo sviluppo”. Tuttavia, scegliendo di ospitare la 146esima Assemblea in Bahrain, la UIP sta essenzialmente premiando uno stato per il suo impegno in politiche oppressive che sono contrarie ad ogni principio fondamentale sancito dagli Statuti della sttessa UIP.