Nel dicembre del 2019 è stato arrestato Kameel Juma Hasan, uno studente liceale. E’ stato preso di mira dalle autorità bahreinite come forma di rappresaglia contro la madre, Najah Yusuf attivista bahreinita, una ex-prigioniera per reati di opinione, che venne rilasciata nell’agosto del 2019. A partire dal 23 Aprile 2017, il giovane era stato preso di mira mentre accompagnava la madre al Complesso di sicurezza collegato alla National Security Agency; venne interrogato e sua madre minacciata con l’arresto o l’uccisione di Kameel. Dopo essere stato arbitrariamente detenuto, Kameel è stato condannato e imprigionato a seguito di processi ingiusti. Attualmente si trova nella New Dry Dock Prison, riservata ai detenuti di età inferiore ai 21 anni.
Il 30 dicembre 2019, il padre di Kameel ha ricevuto una telefonata dalla stazione di polizia di Nabih Saleh che ha convocato il figlio. Su richiesta e decisione di Kameel, il padre lo ha portato presso la stazione di polizia il giorno successivo, il 31 dicembre 2019. Prima di essere consegnato, la casa di Kameel venne saccheggiata più volte ed il giovane è stato inseguito per strada diverse volte. Kameel era ricercato per motivi politici; si ritiene che sia stato preso di mira a causa dell’attivismo di sua madre. In effetti, Najah Yusuf era stata arrestata nel 2017 per aver criticato il Bahrain nell’organizzazione della Formula 1 tra le peggiori violazioni dei diritti umani. È stata arbitrariamente detenuta – come dichiarato dal Gruppo di Lavoro contro la Detenzione Arbitraria – e torturata. È stata successivamente rilasciata il 10 agosto 2019 a causa delle pressioni internazionali. Il giorno della sua liberazione, Kameel è stato inseguito per strada a seguito di una trappola fallita predisposta dalle autorità ed è stato interrogato sull’attività di sua madre sui social media durante gli interrogatori.
Dopo l’arresto, Kameel è stato portato all’ospedale Al-Qalaa per gli esami di routine e poi al Criminal Investigations Directorate (CID). Successivamente, è stato trasferito alla Royal Academy of Policing, dove è stato torturato. È stato quindi portato all’edificio 15 nella prigione di Jau dove è rimasto fino al 2 gennaio 2020. Durante questo periodo, a sua madre è stato detto che Kameel si trovava al CID, ma lei non è comunque riuscita a mettersi in contatto con suo figlio.
Durante l’interrogatorio, Kameel è stato sottoposto a torture e percosse con il fine di estorcere una confessione. È stato percosso su tutto il corpo, in particolar modo sui genitali, ed è stato costretto a rimanere in piedi per lunghi periodi di tempo. Kameel non ha condiviso i dettagli della tortura al telefono e in genere ne ha parlato solo durante le visite di sua madre, per timore di subire ulteriori torture per aver parlato. Il suo avvocato non è stato autorizzato a partecipare agli interrogatori perché non gli è ancora stata concessa la procura, nonostante l’appuntamento firmato.
Il 3 gennaio 2020, Kameel è stato portato al CID, dove è riuscito finalmente a mettersi in contatto con la madre per dirle che sarebbe stato presentato davanti al Pubblico Ministero quello stesso giorno. Al CID, Kameel ha firmato dichiarazioni preparate senza leggerne il contenuto. Alla PPO, Kameel non è stato sottoposto ad alcun interrogatorio ed è stato nuovamente costretto a firmare documenti preparati precedentemente senza leggerne il contenuto.
Di conseguenza, Kameel è stato portato in detenzione preventiva. È stato in grado di chiamare nuovamente sua madre due giorni dopo il suo trasferimento. Durante la chiamata, le disse che sarebbe stato trasferito nel nuovo centro di detenzione del New Dry Dock Detention Center.
Tra il 22 ottobre 2019 e il 25 marzo 2020, Kameel è stato condannato con multiple accuse ed ha ancora più cause pendenti in tribunale. Le accuse di cui è condannato includono il raduno illegale, il possesso di bottiglie incendiarie, la rivolta, l’incendio doloso, l’adesione a un gruppo terroristico e il trasferimento di denaro destinato a finanziare attività terroristiche. L’ultimo caso per il quale è stato condannato è stato per persone coinvolte arrestate nel 2017, anche se i crimini sarebbero stati commessi nel 2018. Le pene detentive di Kameel hanno raggiunto un totale di 26 anni, ma, a seguito ad appelli, sono state ridotte a 20 anni e 10 mesi.
Kameel ha paura degli organi del governo ufficiale a causa della loro mancanza di giustizia o correttezza e ha anche paura di essere sottoposto a un’altra indagine dove potrebbe essere torturato. Durante una visita, ha detto a sua madre che i prigionieri temono la punizione, che vengono picchiati in assenza di telecamere di sorveglianza e che gli vengono rasati completamente i capelli. Sua madre non è attualmente in grado di visitarlo a causa della pandemia di COVID-19.
La sparizione forzata di Kameel, le torture e i maltrattamenti a cui è stato sottoposto non sono solo violazioni della Convenzione internazionale per i diritti civili e politici (ICCPR) e della Convenzione contro la tortura (CAT), ma anche della Convenzione sui diritti dell’infanzia (CRC), considerando il fatto che Kameel sia ancora minorenne. Inoltre, dato che Kameel non è stato prontamente presentato davanti a un giudice, gli è stato negato l’accesso al suo avvocato durante il suo interrogatorio ed il processo, ed è stato costretto a firmare documenti senza conoscerne il contenuto. Le autorità bahreinite hanno violato i suoi diritti processuali ed il suo diritto a un processo equo; ciò quindi costituisce una violazione degli articoli 9 e 14 dell’ICCPR.
Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain (ADHRB) chiede al governo del Bahrain di rilasciare Kameel. Se ci saranno ulteriori accuse nei suoi confronti, ADHRB chiede che venga condotto un nuovo processo in conformità degli standard internazionali per condurre processi equi. In aggiunta a quanto sopra, ADHRB esorta il governo del Bahrain a indagare sulle accuse di tortura di Kameel, al fine di ritenere responsabili gli autori.